Domenica 12 maggio 2019

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 10, 27-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Le mie pecore ascoltano la mia voce

A cura di don Riccardo Donà, assistente spirituale Acli Trieste

“Le mie pecore ascoltano la mia voce”, Gesù vuole che usciamo dal razionalismo religioso che accompagna spesso la nostra vita per abbandonarci tutto a Lui, ascoltare la sua voce significa credere, avere fiducia in Lui e seguirlo.

In questo Vangelo Gesù ci dice di essere uno con il Padre “io e il Padre mio siamo una cosa sola”, usa l’immagine dell’ antico testamento ove Yahveh è il vero pastore del gregge e il potere che il Padre gli ha dato, salvare le pecore, dare la vita per esse.
L’unità del Figlio con il Padre è unità di amore di ubbidienza fino alla morte in croce in quella croce dove si realizza il progetto del Padre “che tutti siano uno” che non se ne perda nessuno di quelli che mi hai dato.
Gesù vuole entrare in comunione con l’uomo, fin nel suo intimo entrare in comunione con Lui è una osmosi, farsi uno con Lui, ma per questo dobbiamo accettare che Lui si faccia uno con noi e cosa c’è di più bello, più significativo dell’Eucaristia dove Lui si spezza e si condivide con noi.
Ogni domenica noi ascoltiamo la sua voce che è quella del Padre, egli ci invita a entrare in comunione profonda con Lui per poi testimoniarlo con la nostra stessa vita nelle nostre famiglie a volte sgangherate, ma che attendono da noi quel messaggio d’amore, di misericordia, di perdono.
Ci attendono incontri con uomini e donne di fedi e culture diverse, poveri che ad ogni angolo delle nostre strade ci interpellano, ecco allora il momento di mettere in pratica questo vangelo, farci uno con loro, sentire il loro grido di dolore e farlo nostro, gioire con loro fermarsi ad ascoltarli.
Quante volte passiamo frettolosi lungo le nostre strade, appena un saluto è il massimo che possiamo dare e se lo facciamo con amore va benissimo.
Ma perché questa settimana non osiamo spingerci un po oltre fermarci ad ascoltare fare il silenzio dentro di noi per farci uno con colui che incontriamo che è Gesù per noi, allora avremo modo di comprendere meglio questo vangelo, sentirci cioè pecore condotte da Gesù, obbedienti a Lui e soprattutto c’invita a farlo alla luce dell’esempio di S. Giovanni Crisostomo, l’ascetico presbitero di Antiochia e il dotto vescovo di Costantinopoli, che la Chiesa commemora, mirabile per l’eloquenza della sua bocca d’oro e soprattutto per la costanza nelle persecuzioni: subì per due volte l’esilio, dove morì di stenti, ripetendo la sua invocazione preferita “Gloria a Dio in ogni cosa. Amen”.