Monsignor Giovanni Battista Montini e le Acli

Paolo VI, che sarà proclamato Santo in piazza San Pietro il 14 ottobre, è stato, specie nel primo decennio di vita delle Acli, la personalità ecclesiastica che in Segreteria di Stato è stata la più attenta e solidale, continuando sempre a seguirle e sostenerle anche come arcivescovo di Milano e come Papa.

Il cammino di Monsignor Montini e le Acli non riusciamo a comprenderlo se non   tenendo conto del più vasto contesto storico-politico italiano e internazionale fatto di accadimenti, di azioni, di pensieri. É una storia che parte dalla sua famiglia, nel radicamento nella società cattolica bresciana, dal padre Giorgio avvocato, giornalista e politico, attivissimo appunto a Brescia e poi in parlamento con il Partito popolare, e il fratello Ludovico che sarà nel gruppo di Camaldoli e che con Grandi fonderà le Acli, farà parte della prima presidenza e sarà deputato e membro della costituente

 

Montini è ostile nel profondo al Fascismo e al Comunismo ateo, a partire dalla sua esperienza di assistente ecclesiastico della Fuci si impegna a formare una nuova élite di giovani per rendere possibile, dopo la caduta del Fascismo, una nuova efficace e autorevole presenza sociale e politica dei Cattolici.

 

Montini soprattutto negli ultimi anni drammatici della guerra mantiene viva una rete di contatti e relazioni, cercando di definire un progetto politico–sociale, cristianamente orientato. In questo tempo i temi decisivi per Pio XII e per Montini sostituto della segreteria di stato vaticana, sono le relazioni internazionali, la pace tra i popoli, i sistemi economici, la rappresentanza politica e il ruolo specifico dei cattolici.

Montini in quel periodo, riceve dal Papa l’incarico di reperire tutte le informazioni riguardanti soldati e prigionieri dispersi, Tutto questo lo interpreta nel segno della carità, promuove la rivista “Ecclesia” per documentare e pubblicizzare il lavoro della Chiesa a favore dei dispersi e per sensibilizzare le coscienze sulla pacificazione e la convivenza dei popoli. Montini è convinto che solo la “civiltà dell’amore” può salvare gli uomini dalla catastrofe. Sulla rivista “Ecclesia” scriveranno tra gli altri Padre Mariano Cordovani, Giorgio La Pira, Jacques Maritain.

 

Montini in questo tempo mantiene viva una rete di contatti e relazioni con uomini politici, finalizzato alla speranza di una ricostruzione di una nuova società democratica, ad una formazione che abbia al centro la Dottrina sociale cristiana, tentando anche di definire un progetto politico cristianamente orientato. Tra i principali Alcide De Gasperi, padre Giovanni Maria Longinott, Giuseppe Spataro, Filippo Micheli e il gruppo dei laureati cattolici: Sergio Paronetto, Guido Gonnella e Vittorino Veronesi, che costituiscono la nuova generazione rispetto al Partito Popolare.

Uno dei documenti fondamentali di quel periodo è il codice di Camaldoli promosso proprio dai laureati cattolici nel 1943, alla cui stesura parteciparono tra gli altri il fratello di Montini, Ludovico, Sergio Paronetto, Guido Gonnella, Aldo Moro, Giulio Andreotti, Amintore Fanfani, Ezio Vanoni che poi ritroveremo nelle fila della DC e nelle Acli. I due pilastri del nuovo ordinamento sociale prospettato sono il “bene comune” e la “armonia sociale”.  Due fari che devono guidare l’azione politica dei cattolici. Il documento si pone così in linea con il magistero della Chiesa, espresso nell’enciclica Rerum novarum del 1891 e nelle encicliche sociali che l’hanno seguita.

 

In questo contesto molto difficile, ma ricco di nuove sollecitazioni, della storia italiana, il 12 giugno 1944 a Roma viene firmato il Patto di unità sindacale e nasce la CGIL unitaria per opera di Achille Grandi, di Giuseppe Di Vittorio, e Bruno Buozzi.

Subito dopo nascono le Acli, perché è grande la preoccupazione della Chiesa che i lavoratori cristiani, pur entrando in una organizzazione sindacale unitaria che proclamava solennemente di rispettare tutte le opinioni politiche e religiose, potessero essere sedotti dalla propaganda di sinistra e quindi avere bisogno di un’organizzazione che li formi sulla base dei principi cristiani.

Si può dire che le Acli erano già virtualmente esistenti prima ancora di essere fondate: erano già presenti nel pensiero sociale della chiesa e nell’interesse della chiesa stessa per la “questione sociale” e per il tema del lavoro.

Le Acli, nell’idea del loro fondatore Achille Grandi, dovevano costituire la presenza cristiana organizzata nel mondo del lavoro:

“Era convincimento di noi tutti che i lavoratori cristiani, pur entrando in un’organizzazione sindacale che affermava solennemente di rispettare tutte le opinioni politiche e religiose, avessero bisogno di un’organizzazione che li formasse solidamente nella dottrina sociale cristiana. Noi volevamo che rivivessero nelle Acli le nobili tradizioni della dottrina leoniana e di quelle mirabili opere che sorsero in Italia in seguito all’importante enciclica, e che raggiunsero il massimo della loro efficienza dopo l’altra guerra. E perché rimanessero nel solco della tradizione occorreva agganciarsi all’Istituto cattolico di attività sociali che fu l’erede di tutte le opere sociali secondo gli ordinamenti che diede Pio XI all’Azione cattolica oltre 20 anni fa. Così iniziammo ancora prima del Patto di Roma i primi contatti con vari dirigenti dell’Azione cattolica per mettere le basi e delineare le finalità dell’organizzazione. Ma questa non poté sorgere immediatamente dopo la liberazione di Roma perché occorreva il crisma dell’Autorità ecclesiastica e questo si poté ottenere solo quando fu possibile lavorare alla luce del sole. In attesa che sorgessero quelle che allora andavamo chiamando con linguaggio convenzionale e terminologia provvisoria Associazioni libere, costituimmo un Ufficio sindacale della Democrazia cristiana ma facemmo allegare, però, al Patto di Roma, una dichiarazione nella quale rivendicavamo la libertà di preparare i nostri lavoratori alla vita sindacale in libere associazioni che integrassero il sindacalismo unitario”.

(in Politica sociale n. 31, 28 settembre 1946)

Grandi è convinto che non si tratta più di “agire su un terreno di difesa, ma di conquista e che le minoranze di oggi possano diventare maggioranze di domani purché addestrate e capaci…” Questo è il compito che spetta alle Acli nel “possesso del pensiero e dell’azione della dottrina sociale cattolica che avvia naturalmente la mente e l’azione verso le più coraggiose e ardite riforme democratiche”.

Le Acli, quindi, nascono come associazioni libere, di supporto alla unità sindacale che vedeva comunisti, socialisti e cattolici condividere un fine comune, quello di dare ai lavoratori un unico punto di riferimento per e sui diritti del lavoratore.

È proprio Montini il 18 settembre del 1944 ad accompagnare Achille Grandi e Vittorino Veronese dal Papa, al fine di una esposizione diretta del progetto che si stava realizzando e dello statuto che trova subito l’approvazione pontificia.

Da quel momento il Sostituto della segreteria di stato Mons. Montini interverrà in più di una occasione sia in riunioni organizzative, che in momenti pubblici. Secondo lui le Acli devono operare da cerniera tra la chiesa e il movimento operaio. Vuole seguire di persona gli sviluppi della neonata associazione e la prima occasione – come riportato da “Il giornale dei lavoratori n° 10, 13-20 marzo 1945 – è il primo convegno delle Acli “L’Italia liberata” (Roma, 8-11 marzo 1945).

“S.E. Montini, sostituto della segreteria di stato di sua santità, esortò i lavoratori ad avere fiducia nella chiesa anche in materia sociale. Le parole che il Santo padre pronunciò il giorno seguente, nel quale definì le Acli “cellule dell’apostolato cristiano”, furono la più autorevole e immediata conferma all’esortazione dell’esimio prelato”. L’articolo conclude affermando “l’esortazione ad aver fiducia nella chiesa anche in materia sociale dobbiamo ripeterla anche noi sacerdoti ai nostri fedeli, noi assistenti ai nostri soci”. Parole che, in quel momento  per il movimento, la Chiesa e la politica hanno un peso assoluto, sottolineando  l’apertura della chiesa alla classe lavoratrice e al  mondo del lavoro, ribadiscono l’importanza della Dottrina sociale cristiana, confermano e rilanciano il pensiero e l’azione di Achille Grandi, che aveva pensato e proposto le Acli a salvaguardia della fede e della coscienza religiosa, di tutti i lavoratori cattolici  come guida pre-sindacale e parasindacale, con attività formative  e professionali.

 

In una lettera del 12 gennaio del 1946, Mons Giovan Battista Montini  scrive, a nome del Papa, a tutti i vescovi dell’Italia liberata un documento di presentazione delle Acli, nel quale da con rinnovato vigore e determinazione  un nuovo messaggio e un nuovo impulso, evidenziando quella che oggi definiremmo la mission che la Chiesa consegna alle Acli come “associazioni che si ispirino in tutto ai principi del cristianesimo e agli insegnamenti della chiesa, e inoltre di curare la formazione religiosa e morale degli associati”, sottolinea come il sacerdoti debbano dare con forza “ l’assistenza e il favore alle opere di apostolato sorte ultimamente, fra cui occupano un posto importante le Acli e i loro patronati e segretariati del popolo, istituti per i servizi sociali dei lavoratori.”

Ribadisce che tutto si sta realizzando “in un’ora di crisi così vasta e profonda in cui stanno emergendo nuovi orientamenti sociali ai quali non può rimanere estranea la chiesa, maestra di verità e di giustizia e il clero, missionario di pace e di carità”.

 

Dopo pochi mesi, in occasione del primo convegno degli assistenti diocesani delle Acli – tenutosi a Roma dal 20 al 23 agosto del 1946 presso l’Istituto S. Maria Ausiliatrice – come ricorda Luigi Civardi, primo assistente ecclesiastico delle Acli, Montini esorta i presenti “a servire Cristo nei fratelli lavoratori” e per spiegare le parole del Papa afferma: “noi dobbiamo liquidare l’equivoco che è nato tra la chiesa e il mondo operaio. Dobbiamo agire in modo che i lavoratori non vedano nel clero degli assertori di un sistema viziato. Dobbiamo insegnare loro come questo sistema può essere mutato, non mediante la rivoluzione, ma per mezzo di una evoluzione prudente, costante e progressiva.”

(in Studi sociali, n.5, settembre-ottobre 1964)

 

In tutti i suoi interventi Montini non manca di sottolineare quanto siano preziose le Acli nelle loro funzioni organizzative, educative ed assistenziali e quanto sia importante nell’Italia liberata dal fascismo e dalla guerra avere un dialogo con i lavoratori per far capire loro i principi della dottrina sociale cristiana.

 

Come scrive monsignor Macchi – segretario particolare di Paolo VI – in tutti gli interventi di Montini alle Acli, si legge tutta la sua “attenzione per il mondo del lavoro nelle   più diverse e realistiche espressioni” quel mondo del lavoro nel quale Montini vede e sente “tentazioni facili di egemonia e di organizzazioni ispirata a ideologie materialiste, con anche tentazioni più o meno velate di violenza. Un mondo che abbisognava in modo più attento di un’anima spirituale per rendere il lavoro una nobile espressione dell’uomo”.

( Monsignor Montini, le Acli e il mondo del lavoro; in “Le Acli e la Chiesa”, p.53)

 

Le Acli proprio per le motivazioni che le hanno fatte nascere sono un organismo che deve aiutare a rafforzare il ruolo dei cattolici all’interno del sindacato unitario e salvaguardare la loro specificità ideale, con la formazione dei quadri dirigenti, dei militanti perché la loro presenza nella GCIL unitaria sia forte e coerente con un patrimonio della tradizione cristiana.

Nate con l’importante ruolo di formare i lavoratori cristiani alla libertà e al metodo democratico attraverso la dottrina sociale cristiana, nel 1948 con la fine del patto di Roma, cioè con la fine dell’unità sindacale per la quale erano nate, le Acli entrano in un periodo di grande incertezza. Rischiano di smarrire la propria identità, si interrogano se sia ancora valido il mandato iniziale sia in campo sociale che ecclesiastico, attendono un rilancio che sancisca in modo chiaro il diritto di esistere e crescere, anche dopo la rinuncia alla funzione d’espressione della corrente sindacale cristiana.

Le Acli abitano il secolo e la loro storia, si iscrive nella storia dell’Italia democratica e repubblicana, sono un movimento popolare di ispirazione e formazione cristiana.  Con la rottura del Patto di Roma, entrano nella seconda fase della loro vita,   entrano in una crisi di identità per la fine del loro ruolo, molte migliaia di dirigenti aclisti confluiscono nella libera CGIL. E’ proprio un nuovo e forse anche atteso intervento di monsignor Montini, In una lettera inviata al Presidente nazionale Ferdinando Storchi – in concomitanza con l’apertura dei lavori del Consiglio Nazionale aclista  datata 15 settembre 1949 – ad essere  determinante, perché sconfigge l’incertezza, molto diffusa, sulla necessità di  tenere ancora in vita un movimento debole e dissanguato, definendo in prima persona che le Acli dovevano continuare  a vivere con un compito ancora più difficile e “arduo” del precedente e cioè “raggruppare in numero quanto più esteso possibile ogni categoria di lavoratori e di ravvivare e rafforzare in essi la convinzione che nell’applicazione della dottrina del Cristianesimo, secondo l’insegnamento della chiesa , sta il fondamento di un rinnovato ordinamento sociale”

 

Montini si muove in un orizzonte di un grande e rinnovato vigore pastorale che consente alla Chiesa di essere presente nella società e nel mondo, cercando di essere parte integrante e in modo efficace seguendo i principi che presiedono alle democrazie moderne.

 

L’11 marzo 1950 durante le celebrazioni nazionali per il quinquennio di vita delle Acli, a conclusione della giornata, prende la parola Mons. Montini – dopo gli interventi del sottosegretario Mattarella, Rubinacci, Battista e Castelli, gli onorevoli Taviani, Federici, Edoardo Clerici, La Pira e Vaccaro – e afferma di avere la ventura di essere quotidiano testimone della volontà del Papa, e quindi sostiene che “la Chiesa è contenta del movimento operaio sociale dei lavoratori italiani. Anzi – dirò qualche cosa di più grande: la Chiesa esige, fratelli e amici, comanda, vuole il movimento operaio… La chiesa esige che non solo le Acli continuino, ma che le Acli crescano, che le Acli si moltiplichino, che le Acli diventino tutto il movimento sociale operaio cristiano”.

 

In queste pagine abbiamo brevemente ripercorso i momenti più significativi del rapporto particolare, filiale che Montini ha con le Acli negli anni subito dopo il secondo conflitto mondiale, in una Italia che doveva ricostruire le sue case, le strade, le sue industrie ma anche e soprattutto la società e le presone. Come scrive Mons. Civardi: “dopo Pio XII la personalità che più contribuì alla vita, alla vitalità e allo sviluppo del nostro movimento aclista fu indubbiamente il sostituto della segreteria di stato, mons. Montini. E ciò non soltanto come fedele esecutore del pensiero e del volere del sommo pontefice, ma anche per una sua intima e profonda convinzione personale, in quanto vedeva nelle Acli un provvidenziale strumento di elevazione morale, economica e sociale dei lavoratori”.

Alberto Scarpitti

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